Da anni è attiva un'iniziativa decisamente lodevole denominata "Manifesto della scienza semplice". Questa intervista ad uno dei promotori, il professor Lorenzo Farina, intende promuovere tale iniziativa e chiarirne meglio gli scopi e la portata.
Segue l'intervista, già pubblicata su "L'eretico" e relativo sito web (ora irraggiungibile).
1)
Entriamo
subito in medias res: come vi è venuto in mente di parlare di
"scienza semplice" nel bel mezzo dell'era della complessità
? E’ una coraggiosa provocazione ? E' una metafora ? O un vero e
proprio paradigma aggiuntivo, una nuova arma intellettuale ? O tutte
queste cose insieme?
Il
termine “semplice” associato a “scienza” suona come
un’eresia, ed in effetti lo è: la scienza è un’attività per
nulla semplice – anzi – è complessa e anche complicata, spesso
oscura, misteriosa, esoterica, troppo spesso incomprensibile e
astrusa. A volte però è meravigliosa, esaltante, sorprendente. Si
tratta quindi certamente di una provocazione ma non solo. La
“semplicità” nella scienza, come noi la intendiamo, non è tanto
una metafora, quanto piuttosto un esigenza stilistica, una presa di
posizione “estetica”, un modo per continuare a cercare un'armonia
nel mondo senza la pretesa di cercare “verità ultime”. Al di
fuori della “semplicità” la scienza si ammala di
autoreferenzialità, smette di parlare al mondo e di andare avanti,
si ripiega su stessa innamorandosi dei propri stessi metodi. Noi
invece sogniamo una scienza aperta, che parli a tutti e sia di tutti,
nessuno escluso.
Inoltre,
è proprio lo studio dei sistemi complessi che necessita di una
scienza semplice poiché sono proprio i sistemi “banali”, come
quelli studiati dalla fisica teorica, che consentono una “teoria
complessa”, (si veda il volume di Giuliani e Zbilut1).
Crediamo infatti che nessuno possa minimamente contestare l’estrema
povertà dei sistemi studiati dalla fisica teorica se messi a
confronto con la vertiginosa complessità, per esempio, dei sistemi
biologici, economici o sociali, come ben ci racconta uno dei maggiori
fisici italiani, Marcello Cini2.
2)
Chi
è lo scienziato semplice che dovrebbe voler sottoscrivere il vostro
manifesto ? Potete fornirci un identikit?
Come
abbiamo scritto nel sito dedicato la nostro manifesto per una scienza
semplice3,
lo scienziato semplice è colui il quale percepisce il suo lavoro
come quello di un artigiano, proprio come “l’uomo artigiano”
rinascimentale di Sennett, che sa fare bene le cose per il proprio
piacere e così facendo apre lo strada alle tecniche sofisticate
della scienza moderna. Oggi il lavoro artigianale sembra essere
dimenticato o, peggio, denigrato dai circoli esclusivi delle
accademie e delle istituzioni. Eppure la parte più vitale della
scienza non è quella che ripropone vecchie idee con un vestito
nuovo, ma quella che sa creare vere novità, che sapientemente
miscela conoscenza pratica ed ispirazione teorica, che sa riconoscere
il “tocco” personale nelle creazioni e che produce gioia nella
comunicazione a tutti del proprio sapere. Non importa la disciplina
scientifica di cui si occupa lo scienziato semplice, lui è sempre in
grado di occuparsi di cose molto diverse e riesce a passare da un
settore all’altro con estrema naturalezza senza sentire minimamente
il peso degli artificiosi compartimenti che separano le discipline.
Lo scienziato semplice non è necessariamente inserito in qualche
istituzione ma anzi, esprime la sua forza vitale senza riguardo per
le tecniche già esplorate, già sfruttate, utilizzando con grande
libertà qualsiasi metodologia di analisi dei dati che ritenga utile
o solo interessante o divertente.
3)
Nel
vostro Manifesto parlate di eclettismo e di scienziati che operano
come singoli individui in modo libero, povero, artigianale, per
giunta divertendosi. Non c'è il rischio che qualcuno si risenta e
evochi come paragone in negativo la figura del povero Nikola Tesla,
defunto nel 1943 e sovente stigmatizzato come l'ultimo scienziato
sperimentale e inventore che operò come individuo isolato?
Nikola
Tesla non è né il primo né l'ultimo scienziato artigiano, ce ne
sono stati e ce ne saranno sempre tantissimi. In effetti, tutti gli
scienziati hanno una dimensione artigiana del loro lavoro, anche se
magari non è quella che amano mostrare e descrivere in pubblico. Gli
scienziati semplici non sono isolati, o almeno non nel senso di
essere “misantropi”, anzi l’aspetto collettivo dell’impresa
scientifica è sempre presente nel loro lavoro proprio perché non si
sentono degli scopritori di verità ultime ma di verità condivise.
In questo senso la presenza di una comunità di semplici è molto
importante, poiché essi condividono l’aspetto conviviale della
conoscenza. Questo atteggiamento è in palese contrasto con la “big
science” oggi sempre di più rappresentata dalla biologia
molecolare con il suo “progetto genoma” oltre che dalla fisica
delle particelle con i giganteschi acceleratori del CERN. Questo modo
di fare scienza è decisamente agli antipodi dello scienziato
semplice il quale ritiene che le grandi imprese collettive debbano
nascere spontaneamente “dal basso” senza grandi finanziamenti o
progetti faraonici.
4)
Alcuni
saggi di grande successo, ad esempio quelli di Paola Borgna e
Massimiano Bucchi, evidenziano molte lacune nella comunicazione tra
scienza e pubblico, nella costruzione di una immagine corretta da
parte dei telespettatori. In che modo il paradigma semplice può
intervenire in questa dinamica ?
Certamente
l’immagine pubblica della scienza presenta delle palesi
contraddizioni. Se da una parte i vari “festival della scienza”
si riempiono di frequentatori, le aule universitarie delle facoltà
scientifiche si svuotano ogni giorno di più. Anche la comunicazione
della scienza risente di questa “spettacolarizzazione” che
ricorda moltissimo le “feste elettriche” dell’ottocento dove le
nuove scoperte dell’elettricità venivano presentate in modo da
generare solo meraviglia e sorpresa, proprio come ad una specie di
“circo scientifico”. Il problema fondamentale è che la scienza
viene presentata come un’impresa esoterica di grandi eroi solitari
e geniali che forniscono soluzioni ai problemi dell’uomo e non come
uno strumento d’indagine razionale che permette di farsi “nuove
domande” usando la naturale meraviglia che ciascuno di noi ha nello
stare al mondo. La scienza semplice ha un profondo carattere
artigianale e la comunicazione dei suoi risultati è parte integrante
del suo essere. Il “paradigma semplice” permette di superare le
barriere fra chi fa ricerca e chi non la fa proprio perché l’aspetto
collettivo è al centro delle preoccupazioni dello scienziato
semplice.
1
Si veda, a tal proposito, il volume A.
Giuliani, P. Zbilut, Simplicity: The Latent
Order of Complexity, Nova publishers (2008)
2
M. Cini, Il paradiso perduto: Dall'universo delle leggi
naturali al mondo dei processi evolutivi, Feltrinelli (1994)
3
http://www.dis.uniroma1.it/~farina/semplice/