venerdì 26 aprile 2013

Scienza semplice: intervista a Lorenzo Farina


Da anni è attiva un'iniziativa decisamente lodevole denominata "Manifesto della scienza semplice". Questa intervista ad uno dei promotori, il professor Lorenzo Farina, intende promuovere tale iniziativa e chiarirne meglio gli scopi e la portata.


Segue l'intervista, già pubblicata su "L'eretico" e relativo sito web (ora irraggiungibile).

1) Entriamo subito in medias res: come vi è venuto in mente di parlare di "scienza semplice" nel bel mezzo dell'era della complessità ? E’ una coraggiosa provocazione ? E' una metafora ? O un vero e proprio paradigma aggiuntivo, una nuova arma intellettuale ? O tutte queste cose insieme?

Il termine “semplice” associato a “scienza” suona come un’eresia, ed in effetti lo è: la scienza è un’attività per nulla semplice – anzi – è complessa e anche complicata, spesso oscura, misteriosa, esoterica, troppo spesso incomprensibile e astrusa. A volte però è meravigliosa, esaltante, sorprendente. Si tratta quindi certamente di una provocazione ma non solo. La “semplicità” nella scienza, come noi la intendiamo, non è tanto una metafora, quanto piuttosto un esigenza stilistica, una presa di posizione “estetica”, un modo per continuare a cercare un'armonia nel mondo senza la pretesa di cercare “verità ultime”. Al di fuori della “semplicità” la scienza si ammala di autoreferenzialità, smette di parlare al mondo e di andare avanti, si ripiega su stessa innamorandosi dei propri stessi metodi. Noi invece sogniamo una scienza aperta, che parli a tutti e sia di tutti, nessuno escluso.

Inoltre, è proprio lo studio dei sistemi complessi che necessita di una scienza semplice poiché sono proprio i sistemi “banali”, come quelli studiati dalla fisica teorica, che consentono una “teoria complessa”, (si veda il volume di Giuliani e Zbilut1). Crediamo infatti che nessuno possa minimamente contestare l’estrema povertà dei sistemi studiati dalla fisica teorica se messi a confronto con la vertiginosa complessità, per esempio, dei sistemi biologici, economici o sociali, come ben ci racconta uno dei maggiori fisici italiani, Marcello Cini2.


2) Chi è lo scienziato semplice che dovrebbe voler sottoscrivere il vostro manifesto ? Potete fornirci un identikit?

Come abbiamo scritto nel sito dedicato la nostro manifesto per una scienza semplice3, lo scienziato semplice è colui il quale percepisce il suo lavoro come quello di un artigiano, proprio come “l’uomo artigiano” rinascimentale di Sennett, che sa fare bene le cose per il proprio piacere e così facendo apre lo strada alle tecniche sofisticate della scienza moderna. Oggi il lavoro artigianale sembra essere dimenticato o, peggio, denigrato dai circoli esclusivi delle accademie e delle istituzioni. Eppure la parte più vitale della scienza non è quella che ripropone vecchie idee con un vestito nuovo, ma quella che sa creare vere novità, che sapientemente miscela conoscenza pratica ed ispirazione teorica, che sa riconoscere il “tocco” personale nelle creazioni e che produce gioia nella comunicazione a tutti del proprio sapere. Non importa la disciplina scientifica di cui si occupa lo scienziato semplice, lui è sempre in grado di occuparsi di cose molto diverse e riesce a passare da un settore all’altro con estrema naturalezza senza sentire minimamente il peso degli artificiosi compartimenti che separano le discipline. Lo scienziato semplice non è necessariamente inserito in qualche istituzione ma anzi, esprime la sua forza vitale senza riguardo per le tecniche già esplorate, già sfruttate, utilizzando con grande libertà qualsiasi metodologia di analisi dei dati che ritenga utile o solo interessante o divertente.

3) Nel vostro Manifesto parlate di eclettismo e di scienziati che operano come singoli individui in modo libero, povero, artigianale, per giunta divertendosi. Non c'è il rischio che qualcuno si risenta e evochi come paragone in negativo la figura del povero Nikola Tesla, defunto nel 1943 e sovente stigmatizzato come l'ultimo scienziato sperimentale e inventore che operò come individuo isolato?

Nikola Tesla non è né il primo né l'ultimo scienziato artigiano, ce ne sono stati e ce ne saranno sempre tantissimi. In effetti, tutti gli scienziati hanno una dimensione artigiana del loro lavoro, anche se magari non è quella che amano mostrare e descrivere in pubblico. Gli scienziati semplici non sono isolati, o almeno non nel senso di essere “misantropi”, anzi l’aspetto collettivo dell’impresa scientifica è sempre presente nel loro lavoro proprio perché non si sentono degli scopritori di verità ultime ma di verità condivise. In questo senso la presenza di una comunità di semplici è molto importante, poiché essi condividono l’aspetto conviviale della conoscenza. Questo atteggiamento è in palese contrasto con la “big science” oggi sempre di più rappresentata dalla biologia molecolare con il suo “progetto genoma” oltre che dalla fisica delle particelle con i giganteschi acceleratori del CERN. Questo modo di fare scienza è decisamente agli antipodi dello scienziato semplice il quale ritiene che le grandi imprese collettive debbano nascere spontaneamente “dal basso” senza grandi finanziamenti o progetti faraonici.


4) Alcuni saggi di grande successo, ad esempio quelli di Paola Borgna e Massimiano Bucchi, evidenziano molte lacune nella comunicazione tra scienza e pubblico, nella costruzione di una immagine corretta da parte dei telespettatori. In che modo il paradigma semplice può intervenire in questa dinamica ?

Certamente l’immagine pubblica della scienza presenta delle palesi contraddizioni. Se da una parte i vari “festival della scienza” si riempiono di frequentatori, le aule universitarie delle facoltà scientifiche si svuotano ogni giorno di più. Anche la comunicazione della scienza risente di questa “spettacolarizzazione” che ricorda moltissimo le “feste elettriche” dell’ottocento dove le nuove scoperte dell’elettricità venivano presentate in modo da generare solo meraviglia e sorpresa, proprio come ad una specie di “circo scientifico”. Il problema fondamentale è che la scienza viene presentata come un’impresa esoterica di grandi eroi solitari e geniali che forniscono soluzioni ai problemi dell’uomo e non come uno strumento d’indagine razionale che permette di farsi “nuove domande” usando la naturale meraviglia che ciascuno di noi ha nello stare al mondo. La scienza semplice ha un profondo carattere artigianale e la comunicazione dei suoi risultati è parte integrante del suo essere. Il “paradigma semplice” permette di superare le barriere fra chi fa ricerca e chi non la fa proprio perché l’aspetto collettivo è al centro delle preoccupazioni dello scienziato semplice.


1 Si veda, a tal proposito, il volume A. Giuliani, P. Zbilut, Simplicity: The Latent Order of Complexity, Nova publishers (2008)
2 M. Cini, Il paradiso perduto: Dall'universo delle leggi naturali al mondo dei processi evolutivi, Feltrinelli (1994)
3 http://www.dis.uniroma1.it/~farina/semplice/