domenica 5 luglio 2009

Saunders MacLane

Il prossimo 4 di agosto ricorre il centenario della nascita del matematico Saunders Mac Lane, che nella foto qui a fianco vediamo ritratto assieme alla sua signora, in occasione di un convegno sulla Teoria delle Categorie svoltosi a Coimbra, in Portogallo, nel periodo 18-24 luglio 1999 (altre belle foto dell'evento si possono vedere qui).
Aggiungo per comodità alcuni cenni biografici, tratti dal primo sito linkato sopra.
Saunders Mac Lane nacque nel 1909 a Taftville, in Connecticut. Dopo gli studi a Yale e a Chicago, si perfezionò a Gottinga nel periodo 1931-1933, su consiglio dell'allora quasi settantenne E. Moore.
Durante il suo dottorato in Germania venne seguito da Paul Bernays, logico di primissimo piano, e questo certamente influenzò i successivi lavori e l'approccio stesso alla disciplina di Mac Lane.
Purtroppo però il periodo storico non era certo uno dei migliori per trattenersi in Germania, nonostante Gottinga fosse ancora in quegli anni uno dei poli di assoluta eccellenza per la ricerca matematica a livello mondiale.
Lo stesso Mac Lane, in un articolo del 1995, ci dà una vivida descrizione delle sue esperienze in quel periodo, in particolare riferite all'anno 1933.
Dopo aver discusso la tesi di dottorato davanti a Hermann Weyl, Mac Lane tornò in patria, dove trascorse i successivi anni accademici spostandosi in varie università: Yale, Harvard, Cornell, Chicago. Nel 1939 accettò un posto di assistente ad Harvard. In quegli anni lavorò con Garrett Birkhoff al giustamente famoso "A survey of modern algebra", pubblicato nel 1941, un testo introduttivo e al tempo stesso rigoroso che costituì una vera novità nel panorama editoriale dell'epoca. Esiste anche in edizione italiana, col titolo "Algebra" per i tipi di Mursia editore, fin dagli anni Settanta.
Durante la seconda guerra mondiale, Mac Lane lavorò al Dipartimento di Matematica Applicata alla Columbia University.
Nel 1947 divenne poi professore a Chicago, lavorando sotto la direzione di Marshall H. Stone (noto in analisi per il teorema di approssimazione polinomiale uniforme di Stone-Weierstrass). Qui potè cooperare tra l'altro con il notissimo Andre Weil, che fu fondatore del bourbakismo, e con algebristi come Irving Kaplanski e Abraham Albert. Altra collaborazione di assoluto rilievo, e di lunghissima durata, fu quella sviluppata con Samuel Eilenberg: un nome che è quasi naturale sentire citato assieme a quello di Saunders Mac Lane.
Nel 1952 divenne poi capo del Dipartimento, succedendo a Stone.
Il professor Saunders Mac Lane è deceduto nel 2005, dopo una lunga e onorevole carriera.
Senza ricorrere a troppi tecnicismi, ricorderò solo che i suoi primi lavori riguardavano principalmente la teoria dei campi e della valutazione. Ma i suoi massimi contributi, solidamente connessi anche alla sua formazione con Bernays, sono legati alla Teoria delle Categorie, la cui introduzione si deve proprio al suo lavoro.
Telegraficamente, la Teoria delle Categorie (che nasce nell'ambito della topologia algebrica e dell'algebra omologica) fornisce un'impostazione generale per lo studio delle strutture matematiche e delle costruzioni "universali".
In sostanza, con una massiccia dose di lassismo lessicale e facendo ampio ricorso all'intuizione, la si può definire una sorta di "iper-algebra" o metateoria che consente di descrivere e manipolare rigorosamente, in termini simbolici e astratti, qualsiasi altra teoria matematica. Iniziate a sentire una scarica adrenalinica ? Si parla di una potenza concettuale inaudita.
Le varie strutture e "oggetti" matematici (che si tratti di algebre, topologia, analisi funzionale... il "gioco" funziona ugualmente) vengono descritte in termini di funtori aggiunti a strutture intuitive, elementari, rappresentate diagrammaticamente in modo molto efficace e significativo, che evidenzia trasformazioni ed altre proprietà della struttura data. Essenziale notare che il tutto non si riduce ad uno sterile giochino descrittivo di frecce e punti, ma consente di dimostrare rigorosamente (e, devo aggiungere, molto elegantemente) nuovi teoremi e risultati di notevole importanza, del tutto impredicibili prima dell'avvento di questo rivoluzionario approccio.
Il testo di Mac Lane "Categories for the working mathematician" (Springer, 1971, tradotto in italiano da Bollati Boringhieri come "Categorie nella pratica matematica") è una pietra miliare della disciplina. Un libro denso, non facile, pieno di riferimenti avanzati spesso oscuri, ma insostituibile: in questo caso, vale a maggior ragione la considerazione che per apprezzare la potenza e l'eleganza della teoria nel sistematizzare la matematica occorre conoscere già una buona quantità di matematica, e non solo dal punto di vista del calcolo.
Purtroppo, l’importanza e la stessa esistenza della Teoria delle Categorie non sono molto note: anche quando se ne impartiscono alcuni rudimenti, spesso lo studente ne esce con l'impressione che si tratti solo di una tra le tante algebre "strane", il che porta a sottovalutarne l'enorme potenza.
Poiché già vedo i miei tre amici lettori che tentano di sgattaiolare furtivamente verso l'uscio dopo aver inteso parlare di bizzarrie algebriche, voglio chiarire che la teoria non solo ha aspetti di base estremamente intuitivi, euristici e costruttivi, ma ha risvolti della massima importanza anche in informatica, sia teorica che applicata: oltre ai moderni sviluppi di una vera e propria Teoria Computazionale delle Categorie in parallelo a discipline ormai affermate come la topologia computazionale, la TdC permette di costruire un framework solido e rigoroso per la semantica dei linguaggi di programmazione. Menzionerei tra l'altro anche le strette connessioni della teoria con linguaggi potenti e inusuali, come Standard ML o Haskell.
In questo senso, per chi ha competenze e attitudini informatiche, può risultare interessante e utile il capolavoro di semplicità di Maarten Fokkinga, basato su un approccio computazionale e decisamente molto snello, oppure l'agilissimo lavoro introduttivo di Benjamin Pierce "Basic category theory for computer scientists", in pratica due lunghi articoli che in sole 80 e 70 pagine rispettivamente riescono a rispondere a quasi tutte le domande che possano venirvi in mente di primo acchito. Da notare che una impostazione di base categoriale è presente anche in molti testi di matematica discreta, in modo più o meno formalizzato.
Ma non è tutto: come è forse più facile intuire per chi ha una inclinazione filosofica, l'impatto della Teoria delle Categorie è stato notevole anche e soprattutto dal punto di vista dei fondamenti della matematica. Grossolanamente, il concetto suona così: una teoria in grado di descrivere formalmente e di "generare" ogni altra teoria matematica ha sicuramente ottime possibilità di poter essere impiegata per fondare la matematica stessa, a livello della teoria degli insiemi - o, in una versione più radicale, in sostituzione della teoria degli insiemi.
La Teoria delle Categorie offre infatti notevoli vantaggi sulla teoria degli insiemi: vantaggi che (non a caso) chi ha formazione e mentalità di orientamento logico-computazionale è in grado di afferrare e comprendere molto agevolmente.
La sua natura intrinsecamente costruttiva e l'orientamento equazionale offrono infatti l'uniformità tipica delle algebre superiori, in grado di astrarre tutti e soli gli aspetti salienti di strutture e relazioni anche molto diverse tra loro, e spinge a focalizzarsi sugli aspetti dinamici delle relazioni tra le strutture invece di privilegiare il punto di vista statico tipico dell'insiemistica; ma per contro, mantiene grande intuitività, favorisce la razionalizzazione e offre una relativa facilità di manipolazione grazie ai diagrammi ed a procedure di stampo chiaramente algoritmico, costruttivo e discreto.
Ebbene, la luminosa idea di utilizzare la TdC a livello fondazionale è venuta ad esempio al grande logico William Lawvere attorno alla metà degli anni Sessanta, grazie anche ad alcuni lavori seminali di Mac Lane. A Lawvere e Tierney si devono, tra l'altro, il concetto di topos elementare (derivato dal topos, concetto di spazio generalizzato indipendente dalla nozione di punto, dovuto al geniale Alexandre Grothendieck), e le idee di base che consentono di evitare del tutto l'impiego del concetto di appartenenza in teoria degli insiemi o di mostrare la derivazione di tutti i concetti nella teoria logica classica in termini di funtori aggiunti. Ne consegue anche un profondo dibattito sull'adeguatezza e "naturalezza" della TdC a livello fondazionale, sui contenuti e protagonisti del quale sono purtroppo costretto a glissare, menzionando solo il grande logico Feferman tra i primi oppositori al punto di vista di Lawvere. Di certo, da quelle idee e dai primi risultati è scaturito nell'arco di un trentennio l'approccio che oggi è detto "algebrico" in Teoria degli Insiemi (dal titolo di una monografia del 1995 di André Joyal e Ieke Moerdijk), basato appunto sull'uso dei metodi della logica categoriale per creare modelli di teoria degli insiemi - il che tra l'altro ha finora mostrato di essere indipendente dalla teoria Zermelo-Fraenkel classica, e consente di derivare con eleganza estrema i risultati di quasi ogni altro approccio noto in Set Theory, inclusa la teoria di Martin-Löf e varie teorie costruttive.
La TdC e la correlata teoria algebrica degli insiemi sono oggi un po' la Cenerentola nel complesso panorama "classico" della filosofia dei fondamenti della matematica, e tra l'altro vi sono diverse sfaccettature nella definizione della categoria di tutte le categorie (sic!) che rendono la questione ancora non univoca dal punto di vista filosofico. Tuttavia, a mio insignificante avviso la TdC è il più promettente e fecondo punto di vista per una sistemazione fondazionale che possa qualificarsi come "definitiva", stabile, risolutiva di tutte le questioni ancora aperte; allo stesso modo, in parallelo, la matematica "concreta" nel senso di Rota-Knuth e i correlati approcci computazionali alla Wolfram-Chaitin costituiscono sia i più importanti lobi di espansione futuri, sia l'approccio pragmatico e costruttivo realmente unificante in campo logico, matematico, computazionale.
Per chi di voi tre si fosse (sperabilmente) incuriosito, ecco le buone notizie: molti testi intermedi e avanzati in TdC sono disponibili gratuitamente in PDF, grazie ad un lodevole progetto di conservazione e diffusione denominato "Reprints in Theory and Applications of Categories". Pur essendo la disciplina relativamente "giovane" e scarsissimamente divulgata, la bibliografia tecnica in materia è naturalmente piuttosto corposa: si supera tranquillamente il centinaio di volumi e questo elenco, che non include articoli, ne è un buon esempio.
Ulteriori risorse sono visibili a livello di questo repository, uno dei più completi ed autorevoli (non dimenticate di dare un'occhiata anche alla sezione fondazionale sulla teoria degli insiemi).
Mi fermo qui. Vorrei aver trasmesso anche solo una scintilla del mio vivo entusiasmo per questa complessa, potentissima e affascinante disciplina a tutti e tre i miei lettori. Nello scrivere queste poche righe mi rendo conto, non senza sorpresa, che dai miei primi approcci con questa materia sono trascorsi circa venti anni. Il mio cammino pare appena agli inizi.
Grazie, professor Mac Lane. Mi spiace di non potere affidare la mia gratitudine per il suo lavoro ad un mezzo meno indegno e più duraturo.

4 commenti:

Thomas Morton ha detto...

Ok, mi sono fatto coraggio e l'ho letto. Ma ne è valsa la pena.

Per curiosità, sai qualcosa delle ricerche sull'ipotesi del continuo di un certo Hugh Woodin?

Leibniz Reloaded ha detto...

Woodin è "quello dei cardinali" detti appunto di Woodin: il che, in teoria degli insiemi, non è poco.
Fuori da quel circolo, è noto per essere un "eretico". Infatti, così come Littlewood o Ivic sostengono/sostenevano che l'ipotesi Zeta di Riemann è probabilmente falsa (cosa che esemplificavo qualche giorno fa in un commento nel tuo blog), o come alcuni eretici computer scientists sono inclini a credere che P coincide con NP, così il buon Woodin ha presentato un (difficile) argomento basato sulla sua logica-omega-grande (sic, per non confonderla con la logica segregativa di Quine, che alcuni si ostinano a chiamare logica-omega-piccolo) per mostrare come l'ipotesi del continuo è plausibilmente falsa.

Come saprai, in Zermelo-Fraenkel l'ipotesi è indecidibile (grazie a zio Godel, e soprattutto grazie al forcing di Cohen), se gli assiomi di ZF non sono contraddittori. Questo ne comporta l'indipendenza da ZF, come quella dell'assioma di scelta (la C come "choice" in ZFC) e di molti altri - grandissimo lavoro svolto finora.
Tuttavia, Woodin ha sviluppato un'argomentazione metateorica (alquanto contorta) che rimette parzialmente in discussione questo impianto.

Il relativo paper è disponibile in PDF, in due parti, presso AMS: [1], [2] .

Si tratta comunque di una posizione minoritaria, sebbene il panorama filosofico attorno all'ipotesi del continuo sia alquanto variegato. C'è una linea di pensiero, dai padri nobili Godel e Skolem a Freiling, che ritiene l'ipotesi indecidibile e falsa - il che è totalmente coerente per un platonista, ma suscita comprensibili difficoltà in chi la pensa diversamente...

Thomas Morton ha detto...

Grazie. Io fino a non molto tempo fa ero rimasto alla vulgata per cui Goedel avrebbe dimostrato l'indecibilità dell'ipotesi del continuo, il che pensavo chiudesse la questione, un po' come le geometrie non euclidee hanno chiuso la questione sulla verità del quinto postulato di Euclide.
Sono rimasto sorpreso di scoprire che è ancora oggetto di ricerca e che alcuni ancora tentino di dimostrarne la falsità, anche se in effetti non vedo perché la realtà (platonica) degli insiemi infiniti debba dipendere solo da ZF.

Ma l'ipotesi eretica P=NP mi sorprende forse ancora di più, perché le applicazioni pratiche di una tale scoperta sarebbero sconvolgenti (hai letto il bel libro di David Harel sugli algoritmi?).

Leibniz Reloaded ha detto...

Si può ben dire che la teoria degli insiemi è una questione troppo seria per lasciarla in mano ai teorici degli insiemi... ;)

Quasi tutti "sanno" che CH è falsa: il fatto che qualcuno cerchi ancora una dimostrazione può comunque avere senso, perché di solito questi sforzi producono effetti collaterali interessanti (quando non devastanti, Hilbert ne sapeva qualcosa).

D'altro canto, quasi tutti sono appiattiti sull'idea che P è solo un sottoinsieme proprio di NP, psicologicamente perché ciò è molto "comodo" e una eventuale dimostrazione in tale senso non avrebbe la benché minima influenza sull'informatica applicativa.
Ma proprio per quello è sensato propendere per il contrario ! P coincide con NP, quindi TSP e SAT e soci hanno una soluzione con complessità polinomiale, foss'anche in ogrande di N^256 - siamo noi zucconi che non sappiamo trovarla.
Inoltre, anche una dimostrazione ("costruttiva" o complicatissima e iperteorica) non cambierebbe le cose, all'atto pratico, se nessuno specifica come trovare questi algoritmi in P per i problemi NP, o come trasformare quelli esistenti.

Per giunta, qualsiasi cretino sufficientemente ingegnoso può dimostrare che P=NP.
Come ? Trovando un nuovo algoritmo per un quasiasi problema notoriamente NP, che per costruzione abbia complessità polinomiale.
Sottolineo "per costruzione" per amor di semplicità: dimostrare l'appartenenza di un dato algoritmo ad una classe o all'altra non sempre è banale come negli esempiucci dei librini di base o nelle dimostrazioni dei più seri testi di metodi matematici per la complessità computazionale: per esempio, l'algoritmo probabilistico di primalità Miller-Rabin appartiene a P se e solo se l'ipotesi Zeta di Riemann (toh, chi si rivede) è vera...

Destino beffardo ! Se nella eventuale dimostrazione "costruttiva" di P=NP, tramite algoritmo, si incastra un'altra congettura del millennio, ci siamo solo complicati inutilmente la vita, pur avendo ridotto il numero complessivo dei Millennium Problems.

Comunque, questo sì che sarebbe divertente, non la piatta banalità di P sottoinsieme proprio di NP, che sembra l'inno alla mediocrità piagnona "noi ce la mettiamo tutta, ma la Natura matrigna ha reso questi problemacci cattivi troppo difficili per i nostri computerini" !

P=NP invece sarebbe una vera vittoria epistemologica, e chi se ne frega delle applicazioni. Anche perché il problema pratico pare in prospettiva perdere interesse, secondo David Deutsch e pochi altri, per il "semplice" fatto che i calcolatori quantistici in fieri sono a tutti gli effetti macchine non deterministiche, quindi possono in teoria eseguire in tempo polinomiale ogni algoritmo in NP... in realtà il discorso è un tantino più intricato, ci sono algoritmi le cui prestazioni pratiche addirittura peggiorano su un quantum computer, ma lasciamo da parte questi fatti.

Di Harel ho letto praticamente tutto: il suo lavoro sugli algoritmi è uno dei Testi Sacri dell'informatica, a livello Knuth e Cormen-Leiserson-Rivest-Stein (il quarto moschettiere è arrivato dopo, l'originale terna era la CLR e Rivest è tra l'altro la "R" dell'algoritmo RSA, scusa se è poco).

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