«Anatole France, quell'acuto e geniale filosofo e romanziere, delizia di tanti delicati lettori, racconta quest'aneddoto.
Alcuni anni fa, dice, visitavo in una grande città d'Europa le gallerie di storia naturale insieme con uno dei conservatori, il quale mi descriveva con la maggior compiacenza gli animali fossili.
Egli mi istruì benissimo fino ai terreni pliocenici; ma, allorché ci trovammo dinanzi ai primi vestigi dell'uomo, volse la testa ed alle mie domande rispose che quella non era la sua vetrina.
Sentii la mia indiscrezione.
Non bisogna mai domandare ad uno scienziato i segreti dell'universo che non sono nella sua vetrina.»
Citazione originale da Vito Volterra, "Giornale degli economisti" 23, Nov. 1901: 436-58, ripreso poi da numerose fonti, ad esempio Early Mathematical Economics a pag. 326, oppure Contare e raccontare di Bernardini & De Mauro.
Poco più di un secolo dopo la genesi di questo aneddoto, le specializzazioni estreme appaiono ormai sempre più necessarie, inevitabili: nelle scienze come nelle discipline umanistiche e anche in filosofia. Quelle patetiche caricature di intellettuali rinascimentali che sono gli odierni "tuttologi" da talk show ci sembrano quasi sempre improbabili, ridicoli, molesti.
Tuttavia, a segnare e stimolare la naturale tendenza complementare alla specializzazione, ossia la tensione all'unità del sapere, mi sovviene che nei remoti anni del mio liceo scientifico m'è stato faticosamente insegnato che la "cultura", quella sana, non patologica, dovrebbe significare anche e soprattutto possedere la capacità di riconoscere, categorizzare e collocare in un sistema di coordinate mentali coerente ciò che conta realmente, le radici della conoscenza complessiva, le pietre miliari del discorso sul mondo, al di sopra e al di là delle (artificiose) barriere disciplinari; allo stesso modo, diviene essenziale saper misurare l'effettiva importanza di ciò che via via si apprende, anche in relazione al resto del panorama conoscitivo già posseduto, allo spazio, al tempo. E non commettere errori grossolani come quello, orribile, di confondere informazione, conoscenza, cultura in un unico indistinto minestrone.
In questo senso si può interpretare, ad esempio, una nota citazione del genio di Ulm: «Lo sviluppo dell'attitudine generale a pensare e giudicare indipendentemente dovrebbe sempre essere al primo posto, non già l'acquisizione di conoscenze specializzate. Se una persona è padrona dei principi fondamentali del proprio settore e ha imparato a pensare e a lavorare indipendentemente, troverà sicuramente la propria strada e inoltre sarà in grado di adattarsi al progresso e ai mutamenti: molto più di una persona la cui istruzione generale consiste principalmente nell'acquisizione di una conoscenza particolareggiata.» (Albert Einstein).
Nella corretta direzione della "decompartimentazione del sapere", in un senso pragmatico assai preciso e non semplicemente incrostato di vani sincretismi di facciata, va allora inteso anche lo sforzo di chi sprona a sostenere un dialogo aperto tra i titolari delle diverse "vetrine", al fine di aumentare la circolazione delle nude idee e la conoscenza complessiva, usando tutti gli strumenti interdisciplinari e divulgativi a disposizione.
Un'iniziativa esemplare, che merita senz'altro un caloroso plauso, ed un ampio seguito !
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